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Marcus Vitruvius Pollio: De Architectura...

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Marco Vitruvio Pollione (in latino Marcus Vitruvius Pollio) è stato un architetto e scrittore romano, attivo nella seconda metà I secolo a.C., considerato il più famoso teorico dell’architettura di tutti i tempi. Ingegnere e architetto, probabilmente Vitruvio faceva parte, in qualità di scriba armamentarius degli apparitores, il personale tecnico che collaborava con chi aveva responsabilità politiche all’interno dell’amministrazione pubblica.
Fu innovativo – più che nel merito – per lo sforzo di organizzare conoscenze accumulate nel corso dei secoli fino a tutto il periodo ellenistico.

Assolutamente incerto è il suo luogo di origine: di volta in volta sono state indicate le città di Roma, Fano, Fondi, Verona, Formia, l’area campana in genere e addirittura la Numidia. Anche dello svolgersi della sua vita si hanno scarse notizie, tutte dedotte da note autobiografiche inserite nel suo trattato. Dovrebbe essere stato ufficiale sovrintendente alle macchine da guerra sotto Giulio Cesare e poi architetto e ingegnere sotto Augusto, anche se l’unica opera che lui stesso si attribuisce di aver progettato e costruito è la basilica di Fano.

L’importanza di Vitruvio è dovuta al suo trattato De architectura in 10 libri, dedicato ad Augusto, scritto probabilmente tra il 29 e il 23 a.C., anni in cui Augusto progettava un rinnovamento generale dell’edilizia pubblica.

Il De architectura presenta la seguente scansione:

Libro I: formazione dell’architetto e scelta del luogo
Libro II: tecniche edificatorie, origine e sviluppo
Libro III e IV: edifici sacri
Libro V: edifici pubblici
Libro VI e VII: edifici privati, descritti per luogo, tipologia, intonaci, pavimenti
Libro VIII: Idraulica
Libro IX: orologi solari, digressione astronomica e astrologica
Libro X: meccanica per costruzione di gru, macchine idrauliche e belliche

Vitruvio ci informa di una pratica amministrativa elaborata da lui stesso, per la quale i privati dovevano pagare una tassa basata su un contratto tra lo Stato e l’utente, al fine di limitare gli allacciamenti abusivi e le concessioni individuali e gratuite. Jerôme Carcopino nella sua opera La vita quotidiana a Roma all’apogeo dell’impero dichiara che, nonostante le grosse canalizzazioni di piombo portassero l’acqua degli acquedotti nelle abitazioni private, solo i pianterreni delle insulæ dove abitavano i più facoltosi vi avevano accesso. Gli abitanti dei piani alti erano costretti a procurarsi l’acqua alla più vicina fontana e questo rendeva difficile la cura della pulizia. Giovenale nelle sue Satire cita spesso i portatori d’acqua (aquarii), necessari alla vita collettiva d’ogni stabile. In effetti nessuna costruzione ci ha ancora rivelato le colonne montanti che avrebbero permesso di portare l’acqua ai diversi piani.

Dal punto di vista architettonico, i Romani ebbero il merito di utilizzare due nuovi elementi costitutivi: l’arco e la volta. Grazie anche alla selezione dei materiali e alla qualità risultante, essi raggiunsero picchi di assoluta rilevanza, come nel caso del Pantheon: costruito dall’imperatore Adriano nel II secolo d.C., rimase insuperato per oltre 1500 anni per le dimensioni della propria cupola, che raggiunge i 43,3 metri di diametro.

La gerarchia organizzativa nell’ambito dei lavori pubblici era strettamente legata a quella religiosa: due figure fondamentali come il rex auger e il pontifex maximus, in effetti svolgevano funzioni sia religiose sia politiche. Il pontifex sovrintendeva alla costruzione delle maggiori opere civili – quali appunto i ponti – ma si curava anche della divinazione ritenuta necessaria perché i migliori auspici vigessero al momento dell’inaugurazione dell’opera.

Il De architectura è l’unico testo latino di architettura giunto integralmente a noi: la sua importanza è testimoniata dai riferimenti all’opera presenti in autori successivi come Frontino, ma pare che il trattato non abbia esercitato alcuna influenza sull’architettura per tutto il medioevo, anche se suscitò interesse filologico presso la corte di Carlo Magno, in Petrarca (che annotò di sua mano una copia oggi conservata a Oxford) e in Boccaccio. Poggio Bracciolini riscoprì il testo nel 1414 a Montecassino e contribuì alla sua diffusione.

Nel XV secolo la conoscenza e l’interesse per Vitruvio crebbero per merito di Lorenzo Ghiberti, Leon Battista Alberti, Francesco di Giorgio Martini, Raffaello Sanzio, Fabio Calvo, Paolo Giovio e Fra Giocondo da Verona. Nel 1490 il trattato fu pubblicato a stampa per la prima volta da Sulpicio da Veroli. Nel 1521 uscì la prima edizione tradotta in italiano da Cesare Cesariano. Subito dopo apparvero varie traduzioni ed edizioni in altri paesi europei.

Dal XV secolo fino alla fine del XIX secolo, il trattato era proposto tra i fondamenti teorici dell’architettura occidentale.

 

SCARICA | Marco Vitruvio Pollione: De architectura
SCARICA | Conte Galiani: L'Architettura tradotta e commentata
SCARICA | Joseph Gwilt: The Architecture translated in english
 
Sunday, February 19th, 2012 | Posted in Biblioteca