Leon Battista Alberti (Genova, 18 febbraio 1404 – Roma, 20 aprile 1472) è stato un architetto, scrittore, matematico ed umanista italiano; fu inoltre crittografo, linguista, filosofo, musicista e archeologo: una delle figure artistiche più poliedriche del Rinascimento.
Suo costante interesse era la ricerca delle regole, teoriche o pratiche, in grado di guidare il lavoro degli artisti.
Nel De statua espose le proporzioni del corpo umano, nel De pictura fornì la rima definizione della prospettiva scientifica, nel De re aedificatoria descrisse le casistiche relative all’architettura moderna, sottolineando l’importanza del progetto e le diverse tipologie di edifici a seconda della loro funzione.
L’aspetto innovativo delle sue proposte consisteva nel mescolare l’antico ed il moderno esaltando così la prassi degli antichi e quella moderna inaugurata da Brunelleschi.
«…l’artista in questo contesto sociale non deve essere un semplice artigiano, ma un intellettuale preparato in tutte le discipline ed i campi».
Lavorò al servizio dei committenti più importanti dell’epoca: il papato, gli Este a Ferrara, i Gonzaga a Mantova, i Malatesta a Rimini. Come architetto viene considerato, accanto a Brunelleschi, il fondatore dell’architettura rinascimentale. La differenza essenziale tra i due si colloca soprattutto sul piano geometrico: ove Brunelleschi ideava sempre spazi tridimensionali, Alberti organizzava geometricamente le superfici bidimensionali. Un punto in comune è invece la valorizzazione della tradizione locale, attingendo nella storia del singolo edificio e razionalizzando gli elementi preesistenti.
Dopo la morte del padre, Alberti ritornò temporaneamente a Padova, dove trascorse alcuni anni pieni di difficoltà, entrando in forte contrasto con i parenti che non volevano riconoscere i suoi diritti ereditari né favorire i suoi studi. In questi anni coltivò soprattutto gli studi scientifici, astronomici e matematici. Ritornato nuovamente a Bologna si laureò nel 1428, nonostante le difficoltà economiche e di
difficile situazione personale portò Alberti a maturare la decisione di prendere i voti religiosi per iniziare la carriera ecclesiastica. Visse prevalentemente a Roma, spostandosi per periodi anche lunghi tra Ferrara, Bologna, Firenze, Mantova e Rimini.
Già nei primi anni romani ebbe anche modo di studiare gli antichi resti architettonici di Roma che furono l’oggetto della sua Descriptio urbis Romae, datata intorno al 1445, in cui tentava, per la prima volta, una ricostruzione della topografia di Roma antica, esemplificata in un disegno oggi perduto. Il suo interesse archeologico lo portò perfino a tentare una spedizione di ricerca e recupero di navi romane affondate nel lago di Nemi.
Dopo l’elezione di Niccolò V, Alberti, come antico conoscente, entrò nella cerchia ristretta del papa, dal quale ricevette anche la carica di priore di Borgo San Lorenzo. Tuttavia i rapporti con il papa sono piuttosto controversi dagli storici, sia per quel che riguarda gli aspetti politici che per l’adesione o la collaborazione dell’Alberti al vasto programma di rinnovamento urbano voluto da Niccolò V. Forse venne impiegato durante il restauro del palazzo papale e dell’acquedotto romano e della fontana dell’Acqua Vergine, disegnata in maniera semplice e lineare, creando la base sulla quale, in età Barocca, sarebbe stata costruita la Fontana di Trevi.
Le sue riflessioni teoriche trovarono espressione nel De re aedificatoria, un trattato di architettura in latino, scritto a Roma, completato nel 1450 e rivolto non solo ad un pubblico specialistico, ma anche al pubblico colto di educazione umanistica. Il trattato fu concepito sul modello dei dieci libri del De Architectura di Vitruvio, allora circolanti in copie manoscritte e non ancora corrette filologicamente. L’opera, considerata il trattato architettonico più significativo della cultura umanista, è divisa anch’essa in dieci libri: nei primi tre si parla della scelta del terreno, dei materiali da utilizzare e delle fondazioni (potrebbero corrispondere alla categoria vitruviana della firmitas); i libri IV e V si soffermano sui vari tipi di edifici (utilitas); il libro VI tratta la bellezza architettonica (venustas), intesa come un’armonia esprimibile matematicamente grazie alla scienza delle proporzioni, con l’aggiunta di una trattazione sulle macchine per costruire; i libri VII, VIII e IX parlano della costruzione dei fabbricati, suddividendoli in chiese, edifici pubblici ed edifici privati; il libro X tratta dell’idraulica.
Nel trattato si trova anche uno studio basato sulle misurazioni dei monumenti antichi per proporre nuovi tipi di edifici moderni ispirati all’antico, fra i quali le prigioni, che cercò di rendere più umane, gli ospedali ed altri luoghi di pubblica utilità.
Il trattato fu stampato, grazie al mecenatismo di Lorenzo il Magnifico ed a cura del Poliziano solo nel 1485 e fu poi tradotto in varie lingue diventando un’opera imprescindibile per molti uomini di cultura.
Nel De re aedificatoria, Alberti affronta anche il tema delle architetture difensive ed intuisce come le armi da fuoco rivoluzioneranno l’aspetto delle fortificazioni. Per aumentare l’efficacia difensiva indica che le difese dovrebbero essere “costruite lungo linee irregolari, come i denti di una sega” anticipando così i principi della fortificazione alla moderna.
Si presentava il problema di integrare, in un disegno generale e classicheggiante, i nuovi interventi con gli elementi esistenti di epoca precedente: in basso vi erano gli avelli inquadrati da archi a sesto acuto e i portali laterali, sempre a sesto acuto, mentre nella parte superiore era già aperto il rosone, seppur spoglio di ogni decorazione. Alberti inserì al centro della facciata inferiore un portale di proporzioni classiche, inquadrato da semicolonne, in cui inserì incrostazioni in marmo rosso per rompere la dicromia. Per terminare la fascia inferiore pose una serie di archetti a tutto sesto a conclusione delle lesene.
Poiché la parte superiore della facciata risultava arretrata rispetto al basamento (un tema molto comune nell’architettura albertiana, derivata dai monumenti della romanità) inserì una fascia di separazione a tarsie marmoree che recano una teoria di vele gonfie al vento, l’insegna personale di Giovanni Rucellai; il livello superiore, scandito da un secondo ordine di lesene che non hanno corrispondenza in quella inferiore, sorregge un timpano triangolare.
Ai lati, due doppie volute raccordano l’ordine inferiore, più largo, all’ordine superiore più alto e stretto, conferendo alla facciata un moto ascendente conforme alle proporzioni; non mascherano come spesso si è detto erroneamente gli spioventi laterali che risultano più bassi, come si evince osservando la facciata dal lato posteriore. La composizione con incrostazioni a tarsia marmorea ispirate al romanico fiorentino, necessaria in questo caso per armonizzare le nuove parti al già costruito, rimase una costante nelle opere fiorentine dell’Alberti.
Relativamente al metodo da utilizzare per raggiungere il fine ultimo della scultura, che è l’imitazione della natura, Alberti distingue: la dimensio (misura) che definisce le proporzioni generali dell’oggetto rappresentato mediante l’exempeda, una riga diritta modulare atta a rilevare le lunghezze e squadre mobili a forma di compassi (normae), con cui misurare spessori, distanze e diametri; la finitio, definizione individuale dei particolari e dei movimenti dell’oggetto rappresentato, per la quale Alberti suggerisce uno strumento da lui ideato: il definitor o finitorium, un disco circolare cui è fissata un’asta graduata rotante, da cui pende un filo a piombo. Con esso si può determinare qualsiasi punto sul modello mediante una combinazione di coordinate polari e assiali, rendendo possibile un trasferimento meccanico dal modello alla scultura.
Alberti sembra anticipare i temi relativi alla raffigurazione ‘scientifica’ della figura umana che è uno dei temi che percorre la cultura figurativa rinascimentale, aspetti dell’industrializzazione ed addirittura della digitalizzazione, visto che il definitor trasformava i punti rilevati sul modello in dati alfanumerici.
I sistemi di definizione meccanica dei volumi proposti da Alberti, appassionarono Leonardo che approntò, come si può rilevare dai suoi disegni, dei sistemi alternativi, sviluppati a partire dal trattato albertiano.
SCARICA | Leon Battista Alberti: Della Architettura tradotto da Cosimo Bartoli
SCARICA | Leon Battista Alberti: I dieci libri de l'Architettura tradotti da Cosimo Bartoli
SCARICA | Leon Battista Alberti: I dieci libri de l'Architettura
[...] [a p. 239 si cita un passe del De re aedificatoria di Leon Battista Alberti tradotta in inglese, ma io – traduzione per traduzione – vi propongo quella in italiano di Cosimo Bartoli] Certamente io sempre più mi confermo nell’opinione di Pittagora, che la natura sia simile a se stessa in tutte le sue cose. Diffatti quei medesimi numeri, per i quali avviene che il concento delle voci apparisca gratissimo agli orecchi degli uomini, sono quelli stessi che empiono anche e gli occhi, e l’animo di piacere maraviglioso. Caveremo adunque tutta la regola del finimento dai musici, a cui perfettissimamente sono noti questi tali numeri; e da quelle cose inoltre, nelle quali la natura dimostri di se alcuna cosa degna ed onorata. [p. 450 dell'edizione facsimile in .pdf che si scarica qui] [...]