Per informazioni chiamare +39.0775.395092. Sito in allestimento. Antiche Fornaci Giorgi si scusa per la mancanza di informazioni complete.

Su MiaCasa: Alla scoperta delle antiche...

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Una ragazza passa di qui, le piace il posto, fa delle foto e registra un’intervista.
Un amico decide poi di pubblicarla su MiaCasa (versione integrale .pdf).

Antiche Fornaci Giorgi

Alla scoperta delle antiche attivita’ Ciociare

Un’intervista di Francesca Vairano

Viaggiando in giro per l’Italia, nel tentativo di fotografare quei non-luoghi in cui il tempo si è fermato, ho trovato Ferentino, su una collina ciociara, e le Antiche Fornaci Giorgi, sulla collina di fronte. Per la verità chiedevo agli anziani in piazza quali erano le attività tipiche della zona, cosa c’era da vedere, chi c’era da conoscere, e tutti mi parlavano di Pietro, Pasquale, Giorgio Giorgi, delle fornaci, del vino. Mi preparo allora ad intervistare un anziano alchimista, e trovo invece tanti giovani. E poco dopo pure l’anziano alchimista.

L’ambiente è surreale, si mangia assieme in allegria in una enorme bottega da scalpellini, che bottega non è perchè la si attraversa in bicicletta, piena di forme e di attrezzi strani. Gli oggetti in argilla sono tutti in fila per terra ad asciugare, e poi trasportati con carretti a mano. Si riempiono forni di manufatti, si buttano alberi interi nel fuoco, e nottate in piedi a tenerlo sott’occhio. Di terreno ce n’è tanto, anche di vecchie casupole, tutte fornaci in disuso. Mi dicono che ad inizio ’900 ce ne fossero anche quindici, e che ora è rimasta solo quella grande. Oggetti che sembrano avere secoli sono buttati ovunque (io li avrei raccolti tutti!) e chi ci lavora evita accuratamente di calpestarli, guardandomi e scrollando le spalle come per dire “…ci scusi per il disordine”.

Sono tutti sorridenti, tranquilli, ospitali e mi fanno curiosare indisturbata, come se non fossi una sconosciuta arrivata lì per caso in moto a chiedere di far fotografie.
E così visito il complesso, tra le mie mille domande, e decido di intervistare Marco, il titolare assieme alla sorella Alessandra, piuttosto giovane per l’ambiente, con suo zio Pietro.

Ecco il mio esordio:

- …cos’è questo? E a che cosa serve quest’altro? Questo perchè lo rompi?

- Andiamo (ancora dobbiamo cominciare, già ridono tutti, ndF) per ordine.
L’argilla viene estratta dalle nostre cave e selezionata eliminando il tufo, impastata con l’acqua del laghetto, filtrata e fatta rapprendere al sole. Viene poi impastata di nuovo, modellata all’occorrenza e posata in terra. Il giorno dopo il pezzo viene rifinito, girato e sistemato ad asciugare al vento. Poi accatastato nel forno e cotto a legna per tre – cinque giorni. Quando il forno si è raffreddato, diciamo altri cinque giorni dopo, viene svuotato. I pezzi poi possono essere accostati o tagliati per rispondere alle varie richieste dei clienti, ed è questa fase di progettazione la più delicata e quella su cui noi siamo davvero vincenti.


- E quanti tipi di pezzi fate? Come fate a regolarvi su quello che serve?

- C’è l’esperienza di zio Pietro! Comunque i pezzi speciali che facciamo son circa mille, sto realizzando un catalogo completo. In trecento anni di forme ne abbiamo realizzate un bel po’!


- E poi il cliente che viene cosa chiede? E’ informato, oppure pensa di essere al supermercato?

- Chi viene da noi è ovvio che sia informato: solo il fatto di conoscerci la dice lunga, noi non facciamo grosse pubblicità, anche se di questi tempi servirebbe.


- E generalmente che tipo di lavori fate?

- Recentemente abbiamo sistemato una vecchia masseria, trasformata in agriturismo. Soglie, gradini, muretti divisorii, integrazione di muretti a pietra con inserti di cotto, una grande fontana e qualche scultura. Alla fine è venuto fuori un edificio con ampie arcate ed una specie di peripato molto suggestivo, grazie anche al trattamento di certe superfici e ad alcuni consigli sull’illuminazione. Non ha il valore di una chiesa, che è il nostro “pallino”, ma è stato divertente.

Per la creazione di arredamenti in stile disponiamo di architetti e progettisti interni all’azienda, per consigliare il cliente nella fase preliminare e seguirlo passo passo qualora sia necessario.
Non che sia indispensabile comunque: sono tanti gli appassionati di bricolage che realizzano comignoli, caminetti, colonne, piscine degne di nota. Alcuni clienti ci inviano anche le fotografie!


- Quindi diciamo che producete il prodotto e vi occupate anche di seguirlo in corso d’opera.

- Si, è importante per noi mantenere le mani su cosa il cliente fa del nostro prodotto. Quando il lavoro è come si deve il proprietario ne parla, ed è per questo che lavoriamo tanto. E’ facile comunque accostare il cotto con mobilio d’epoca o di recupero, sia nel caso di abitazioni in stile, che in negozi o nei loft. Nel milanese si stanno recuperando numerosi  vecchi edifici industriali ad uso abitazione, e sono frequenti le pareti a mattoni pieni, i giardini interni ed i piazzali con grandi cancellate, in cui il cotto trova giusta sistemazione.


- Visitando la vostra Fornace, è curioso notare il modo in cui si realizzano gli oggetti: sembra di tuffarsi in un tempo che non è più. Immagino che ci sia molta fatica e cultura nel vostro lavoro, ma qual è il prodotto base con cui nasce una fornace?

- Ti ringrazio per aver capito che c’è davvero molta fatica nel fare bene mattoni. Posso dire che storicamente la nostra specialità sono le coperture: abbiamo realizzato in giro chiese su chiese con tetti interamente fatti da noi. Tegole alla romana e coppi spessi più di due centimetri, che hanno resistito 250 anni, e che produciamo identici ancora oggi. Mi piace precisare che sono in argilla piena, non alleggerita come fanno le industrie per risparmiare ulteriormente sulla materia prima.

Il tetto di Santa Maria Maggiore a Roma è per esempio molto speciale: lì le tegole sono grandi settanta centimetri l’una, larghe quaranta, è roba che fanno solo fornaci come la nostra. Sempre che gli altri siano capaci.


- Siete orgogliosi allora di certi cantieri…

- Ora, con permesso, di queste cose potremmo tranquillamente vantarci. Però preferiamo evitare perdite di tempo e lavorare.
Comunque oggi è più conveniente comprare materiale scadente dai paesi sottosviluppati, ecco perchè l’artigianato è nel dimenticatoio.
Andrebbe ricordato più spesso che l’Italia è così affascinante proprio perchè c’erano tantissimi laboratori in competizione a fare di più e meglio, invece che di più e peggio.


- Mi sembra di leggere tra le righe un chiaro affronto sul tema dell’etica professionale. Con i tempi che corrono, mi viene da chiedermi come avete fatto a non andare falliti! (domanda cattivella, ndF)

- Non andiamo troppo oltre (ride, ndF), proteggo solamente il Made in Italy. Se è italiano costa il doppio, ma vuol dire che vale dieci volte tanto. Dico che nel nostro campo mi disgusta chi ragiona solo sul prezzo: mettere un coppo che dura dieci anni, oppure uno che dura trecento? Mettere un mattone industriale che si spacca col gelo, oppure uno che non si spacca? E poi c’è anche chi compra mattoni deformi che costano meno, non considerando che si va a spendere il triplo di manodopera, per realizzare un lavoro che sia decente.


- Ma ripeto, con questi prezzi, e con la crisi?

- Guardi, paradossalmente i nostri prezzi sono uguali a quelli del cotto industriale. Vorrei farle leggere i listini! Loro gonfiano per via della pubblicità, noi siamo più snelli e vendiamo senza mediatori, direttamente in fornace.
Riguardo la crisi, altrettanto paradossalmente sono felice del momento storico: si è finalmente compreso come il capitalismo sia un modello di sviluppo sbagliato. Visto che noi produciamo cose destinate a durare veramente molto nel tempo, pensi agli acquedotti romani che sempre di mattoni son fatti, allora possiamo vincere la sfida contro la produzione di massa. Di certo chi posa un nostro pavimento è destinato a lasciarlo in casa per generazioni, specialmente ora che la gente ha cominciato a rivalutare vecchie case rurali, fatte di pietra e mattoni. Chissà perchè, quelle stanno lì e non crollano. D’estate fa fresco e d’inverno caldo. Ah, e fuori c’è sempre parcheggio!


- In definitiva, evviva i valori di una volta, con l’orecchio ai consigli della nonna ed un occhio al passato. Cosa puoi dire invece dei progetti per il futuro?

- Mah, i fronti sono tanti. La fornace è aperta al pubblico e alle scuole, e mette a disposizione mezzi e fondi per giovani designers e scultori che vogliono produrre concretamente i loro oggetti. Ci vuole davvero poco se uno ci pensa.
E poi sto cercando di metter su una rete di agenti di commercio nel nord Italia, mi piacerebbe che si proponessero persone che conoscono davvero questo materiale.
Ho scoperto che da quelle parti le industrie hanno creato un sistema in cui si confonde facilmente il cotto, quello vero, con klinker e gres, peraltro venduto a prezzi assurdi. Tornando col discorso al sistema della “società dello spettacolo”, va detto che pubblicità e marketing sono finalizzati ad un aumento dei prezzi che non corrisponde ad una migliore qualità del prodotto.


- Ehm, sembra che ce l’abbia con qualcuno…

- Non faccio riferimenti precisi, ma se le industrie usano la parola “cotto” nel nome, gli acquirenti si illudono.
Chi è architetto mi potrà capire: edifici storici deturpati con dei pavimenti che sembrano quelli di un hangar, solo perchè la produzione industriale permette un certo “potere d’acquisto” sulle sfere decisionali. In Italia vige un rigido clientelarismo, non è per far polemica, ma lo puoi trovare a tutti i livelli.

E poi non dimentichiamo che il prezzo “è” una caratteristica del prodotto, ed il nostro nonostante sia fatto a mano e sia migliore per prestazioni tecniche, costa uguale!


- Per concludere, una domanda a zio Pietro, che magari vorrebbe andare in pensione, ottantunenne. Il miglior ricordo di una vita passata qui?

- La scalinata che sale sul “Cupolone”, come si dice a Roma (la Basilica di San Pietro in Vaticano) che fece mio padre Giorgio Giorgi. Per questo motivo m’ha chiamato così, e per lo stesso motivo lo fecero Cavaliere del Lavoro.
E poi il fatto che noi si ha tutto dentro casa, argilla, acqua, sole, legna e vino. Finchè c’è stato Moretto (l’asinello, ndF) del petrolio ce ne fregavamo. Oggi sembra che giri tutto lì intorno.


E dopo una sonora mangiata e bevuta, m’incammino in moto. E lo so che non dovrei…

 
Monday, July 27th, 2009 | Posted in Diario







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